Da solo, lonely

Una canzone pubblicata da poco su peopleinside mi porta ispirazione ad entrare in un tema caldo come le scarpe appena tolte, al rientro dalla giornata.

Il tema è la solitudine che conosco bene anche se, in questo periodo, mi sento meno solo e felice perché sto avendo uno o più obbiettivi e sto sognando ad occhi aperti. Ho anche scoperto un nuovo gruppo di persone con cui sto condividendo un percorso interessante, per me nuovo.

Forse questo maggior distacco dalla solitudine mi porta a guardare indietro e a raccontare e a cogliere messaggi nel testo (e nei toni della canzone sopracitata) che non riuscirei se fossi più coinvolto.

Puoi comprendere la solitudine solo se l’hai provata in profondità.
Solitudine non è semplicemente l’assenza di persone intorno a noi ma anche la sensazione di un grande vuoto e silenzio dentro: un precipizio senza fondo in cui cadere senza sapere quando ci si ferma.

Solitudine è anche la sensazione di sentirsi diversi dal resto del mondo che ci circonda, incompatibili con ciò che diverte e fa star bene gli altri.

Nella solitudine ho sognato tante volte di uscirvi e di trovare una carezza di conforto, perché chi è solo solitamente sogna e viaggia molto con l’anima e cresce una maggiore sensibilità (caratteristica di pregio ma di difficile gestione).

Cosa succede se, in un momento di solitudine non si sa chi chiamare?
Com’è sentirsi non ascoltati e non compresi; sentirsi soli, diversi da quelle vite che corrono, ridono o piangono?

La solitudine può prendere tutti, anche le realtà di chi ha avuto fama e “successo”, anzi proprio in quelle situazioni magari ci si accorge di una certa falsità di ciò da cui ci si sente circondati.

La mia vita si è spesso svolta tra le quattro mura di casa dove mi sono solitamente sentito protetto ma anche in prigione. Mura di casa in cui non sono sempre stato bene ma erano sempre meglio di quell’esterno che trovavo fuori dalla porta che mi creava paura e disagio.

Ho passato la vita a disegnare una dimensione parallela dove fosse possibile esprimermi, cosa che non mi pareva possibile in quella realtà esterna materialista e di rigide regole.

Se avevo un desiderio questo era sempre distante da poter essere raggiunto e le difficoltà erano giganti e agguerrite tanto poi da soffocare tutto.

Come ci si sente ad avere qualcuno di amico?
E se poi questo qualcuno potesse essere un gruppo di persone che condividono tutte insieme uno stesso obbiettivo e uno stesso interesse?

La solitudine potrebbe essere spezzata via quando troviamo spazio di esprimerci e riusciamo a leggere calore, entusiasmo ed una certa sintonia in quello che ci circonda.

La mia fortuna in questi mesi è stata quella di trovare un percorso di volontariato che ho da subito sentito affine a me e che mi sta portando a scoprire un nuovo modo di vivere, vedere e affrontare le settimane.

Tu Sei speciale di Max Lucado

Gli Wemmicks erano un piccolo popolo di legno, scolpito da un falegname di nome Eli.
La sua bottega si trovava in cima a una collina che dava sul villaggio.

Ogni Wemmick era diverso: alcuni avevano un naso grosso, altri avevano grandi occhi, qualcuno era alto e qualcuno era basso. Qualcuno portava il cappello, qualcun altro portava il cappotto ma erano stati tutti fatti dallo stesso scultore e tutti vivevano nel villaggio.

Per tutto il giorno, ogni giorno, gli Wemmicks facevano la stessa cosa: si attaccavano adesivi l’uno con l’altro. Ogni Wemmick aveva una scatola di stelle d’oro e una scatola di pallini grigi.

Su e giù per le strade della città, gli Wemmicks passavano il tempo ad attaccarsi le stelle o pallini l’uno con l’altro.

Quelli belli, di legno liscio e ben dipinti, ricevevano sempre stelle ma, se il legno di qualcuno era ruvido o il colore si staccava, gli Wemmicks gli davano dei pallini grigi.

Anche quelli di talento ricevevano stelle. Qualcuno sapeva sollevare pesanti legni sopra la testa o saltare grosse scatole. Altri ancora conoscevano parole lunghe o sapevano cantare belle canzoni. A questi, tutti davano delle stelle.

Ce n’era qualcuno letteralmente coperto di stelle! Questi Wemmicks, ogni volta che prendevano una stella, erano contenti. Così veniva loro voglia di fare qualcosa d’altro e prendere un’altra stella.

Altri, però, sapevano far poco. E prendevano pallini.

Pulcinello era uno di loro.
Provava a saltare in alto come gli altri, ma cascava sempre, e quando cascava, gli altri lo circondavano e gli davano dei pallini. A volte, quando cascava, il legno si graffiava e così la gente gli dava altri pallini ancora.

Poi, quando cercava di spiegare perché fosse cascato, diceva qualcosa di sciocco, e gli Wemmicks gli attaccavano ancora dei pallini.

Dopo un po’ aveva così tanti pallini da non aver più voglia di uscire. Aveva paura di fare qualcosa di sciocco, come di dimenticarsi il cappello o di mettere un piede in acqua, perché allora la gente gli avrebbe dato altri pallini. In effetti, aveva così tanti pallini grigi che a volte qualcuno gliene incollava uno senza una ragione particolare.

<< Si merita un sacco di pallini >>, diceva la gente di legno.
<< Non è una brava persona di legno>>.

Dopo un po’ Pulcinello cominciò a crederci.

<< Non sono un bravo Wemmick>>, diceva.

Le poche volte che usciva si ritrovava con Wemmicks che avevano un sacco di pallini. Con loro si sentiva a suo agio.

Un giorno Pulcinello incontrò una Wemmick diversa dagli altri: lei non aveva stelle o pallini, era semplicemente di legno. Si chiamava Lucia. Non che la gente non cercasse di appiccicarle degli adesivi, ma su di lei gli adesivi non si attaccavano. Qualche Wemmick apprezzava il fatto che Lucia non avesse pallini, così correva a darle una stella ma questa cascava giù!

Altri la disapprovavano perché non aveva stelle, così le davano un pallino, ma anche questo si staccava!

È così che voglio essere, pensò Pulcinello: non voglio i voti di nessuno, così andò a chiedere alla Wemmick senza adesivi come riuscire a fare una cosa del genere.

<< È semplice >>, rispose Lucia. << Ogni giorno vado a trovare Eli >>.
<< Eli? >>.
<< Si, Eli. Lo scultore, siedo nella bottega con lui! >>.
<< Perché? >>.
<< Perché non lo scopri da solo? Vai sulla collina. Lui è là >>, disse la Wemmick senza adesivi, poi si voltò e andò via.

<< Ma lui vorrà vedermi? >> gridò Pulcinello – ma Lucia non lo sentì. Così Pulcinello andò a casa, sedette alla finestra e rimase a guardare la gente di legno tutta indaffarata a darsi stelle e pallini gli uni con gli altri.

<< Non è giusto >>, borbottò fra sé. E decise di andare a trovare Eli.

Pulcinello camminò lungo lo stretto sentiero che portava in cima alla collina ed entrò nella grande bottega, sgranò gli occhi di legno per le dimensioni delle cose che vide. Lo sgabello era alto quanto lui! Per vedere il piano di lavoro dovette alzarsi sulla punta dai piedi. Un martello era lungo quanto il suo braccio.

Pulcinello inghiottì a fatica.

<< Io qui non ci resto! >>, disse, e si voltò per andarsene.

Poi sentì il suo nome.

<< Pulcinello? >>. La voce era profonda e forte. Pulcinelllo si fermò.
<< Pulcinello! Che bello vederti. Vieni a farti dare un’occhiata >>.

Pulcinello si voltò lentamente e guardò il grosso artigiano barbuto.

<< Conosci il mio nome? >>, chiese il piccolo Wemmick.
<< Certo che lo conosco. Ti ho fatto io >>.

Eli si chinò, lo prese e lo posò sul banco.

<< Hmm >>, fece pensieroso, vederlo i pallini grigi.
<< Sembra che tu abbia preso dei brutti voti >>.
<< Io non volevo, Eli. Ho fatto del mio meglio >>.
<< Oh, non devi giustificarti con me, figlio mio. Non m’importa di quello che pensano gli altri Wemmicks >>.
<< Ah, no? >>.
<< E non dovrebbe importare nemmeno a te. Chi sono loro, per dare stelle o pallini? Sono solo Wemmicks, come te. Quello che pensano non importa, Pulcinello. Importa solo quello che penso io. E io penso che tu sia davvero speciale >>.

Pulcinello rise.

<< Speciale, io? Perché? Non so camminare veloce. Non so saltare. Mi si stacca la pittura. Perché dovrebbe importarti di me? >>.

Eli guardò Pulcinello, posò le mani sulle sue piccole spalle di legno e parlò lentamente.

<< Perché tu sei mio. È per questo che m’importa di te >>.

Nessuno aveva mai guardato Pulcinello in quel modo e lui non sapeva che dire.

<< Ogni giorno ho sperato che saresti venuto >>, spiegò Eli.
<< Sono venuto perché ho conosciuto qualcuno senza adesivi >>, disse Pulcinello.
<< Lo so. Mi ha parlato di te >>.
<< Perché su di lei gli adesivi non si attaccano? >>.

Eli parlò a bassa voce.

<< Perché ha deciso che ciò che penso io sia più importante di quello che pensano gli altri. Gli adesivi restano attaccati solo se tu permetti che accada >>.
<< Cosa? >>.
<< Gli adesivi si attaccano solo se per te vogliono dire qualcosa. Più sarai sicuro del mio amore e meno ti importerà dei loro adesivi >>.
<< Non sono sicuro di capire >>.

Eli sorrise. << Capirai, ma ci vorrà del tempo. Hai un sacco di adesivi attaccati. Per adesso passa a trovarmi tutti i giorni e ricordati quanto sei importante per me >>.

Poi Eli sollevò Pulcinello dal banco e lo posò a terra.

<< Ricorda>>, disse Eli, mentre il Wemmick usciva dalla porta, << tu sei speciale perché ti ho fatto io. E io non faccio errori >>.

Pulcinello non si fermò, ma dentro di sé pensò:

Credo che dica sul serio.

E in quel momento il primo pallino cascò per terra.

(Tu Sei speciale di Max Lucado)

Lost: perso in questo mondo

Michael Bublé – Lost

Questa mattina mi sono svegliato poco prima delle sei, orario inusuale per me che amo dormire e recuperare alcune ore di ispirazione e tranquillità della notte, ma in questi giorni prevedo che mi sveglierò prima del solito poiché dovrò occuparmi della casa e di alcune cose.

Solitamente anche se cerco di addormentarmi prima, impiego sempre diverso tempo e comunque mi addormento praticamente sempre dopo la mezzanotte: sono un personaggio da favola e la mezzanotte è magica!

Mi sono svegliato e alzato con un sogno e una canzone in testa.

Il sogno riguardava una persona che conosco e che non conosco, che vive tra la dimensione reale (che mi piace poco e trovo fredda) e quella magica (molto più calorosa e dolce, nel mio mondo).

Una figura magica vicina ma anche lontana. Com’è possibile che lo sia? E’ vicina perché dopo averla conosciuta nel mondo magico, la cerco e per me lei è molto importante, lontana perché la realtà ed una certa distanza, la distanzia da me!

Quando sono con lei nella dimensione magica un’intelligenza ed un’emotività diversa dal comune mi danno calore. Assenza di giudizio e anzi, lei riesce a cogliere e ad evidenziare gli aspetti migliori di me e io riesco a vedere i migliori lati in lei.

Nella realtà, altre attenzioni e altre cose la distanziano da me e, quando la incontro, è decisamente più fredda e meno particolare, molto più con meccanismi comuni che fatico ad apprezzare.

La canzone che avevo in testa è Lost cantata da Michael Bublè.
Avevo in testa la frase: “And we will be toghther” che ho cercato, in qualche modo su Internet ed ecco il video riportato qui, in questo post di sfogo nel blog!

Credo che il sogno e la canzone siano in qualche modo collegati!
Non credo sia un caso che nel mio sogno mi avvicinavo alla figura magica (alla quale sembra difficile restare vicino e ad avere la sua attenzione e vicinanza nella dimensione realtà) e che svegliandomi canticchiavo una frase di una canzone che si intitola Lost!

Leggendo ora, però  la traduzione del testo, non mi ci ritrovo!

Il testo della canzone sembra rivolto ad una lei e per una lei mentre io preferisco puntare il faro su di me e poi se non fosse una lei? E’ una lei persona, qualcuno in cui vedi qualcosa; una presenza, un’anima, forse un’energia! Il pennello sta ancora disegnando, non ha forma o forse c’è ma è da ascoltare “con il cuore” oltre ciò che appare.

Mentre le parole parlano preferisco descrivere come mi sento e come mi vedo piuttosto che perdermi nella ricerca dell’attenzione dell’altra parte. Vorrei un insieme, un noi in un momento magico. Lost ovvero persi, per me vuole significare altro rispetto alla traduzione del testo canzone che leggo.

Persi e forse distratti da una dimensione che non è, in qualche modo, la nostra. Il benessere è in una fetta di porzione di angolo dove le distrazioni non ci distraggono e dove possiamo essere veramente noi nella nostra parte migliore, in presenza e non in assenza, vicini e non lontani.

Insieme per trasformare il buio in luce e piacevole calore: è questo il mio sogno ovvero un angolo di felicità negata.

Nel sogno ho detto qualcosa che è piaciuto all’altra parte e così, con delle fusa che emetteva, ci siamo avvicinati. Mi sono svegliato con questa sensazione di riuscire ad avvicinarmi a lei che fugge dalla magia alla realtà perdendo così il tuo lato magico e particolare, allontanandosi da me!

Nel sogno eravamo vicini, ci eravamo riavvicinati ed è questa la sensazione bella con cui il sogno è stato un sogno, bello che mi abbia cullato nel risveglio di questa nuova e particolare giornata.

Enya – sito web

L’inverno è raccontato come un periodo magico per Enya perché permette all’artista (ma anche a tutti noi) di guardarci dentro dopo il periodo estroverso dell’estate e quindi di scoprire nuovi lati e nuove ispirazioni.

Enya ha un sito web ufficiale che è cambiato (ed anche scomparso) nel tempo.
Oggi nove dicembre duemilaventidue mi sono accorto che è tornata una nuova versione del portale.

Ho anche notato che il dominio Enya.com reindirizza ad un sotto-dominio.

Il periodo invernale e natalizio porta spesso sorprese Enya 🙂

Il nuovo portale sembra essere un lavoro dell’artista poeta Phillip Michael Callaghan.

Una domenica più vuota: quando “qualcuno” se ne va.

Domenica mattina: apro gli occhi e guardando i due orologi che ho sul mobile scaffale, mi accorgo che tra l’uno e l’altro c’è una differenza di un’ora. Questa notte è cambiata l’ora solare (indietro di un’ora)!

Ieri era sabato e, al mattino, mio fratello trafficava di già per portare le cose dalla sua camera affianco alla mia, alla nuova casa. Si sentivano dei rumori causati “dal trasloco” e sapevo già che da lì in poi sarebbe stata dura: una nuova situazione non semplice a cui doversi abituare!

Il bagno si era già svuotato dalle sue cose e ormai la stanza era vuota, con la porta aperta. Dopo aver cenato con noi ci ha salutato e io mi sono recato in camera per seguire la trasmissione “Tu si che vales” che, anche questa settimana, è riuscita a farmi sorridere, commuovere e mi ha completamente distratto dai pensieri e dalle preoccupazioni!

Il risveglio il giorno successivo, la domenica mattina, è un po’ smorto; so che non è una domenica mattina che inizia sentendo mio fratello che si prepara il caffè, oppure alzarmi con la curiosità di vedere se è in casa, cosa sta facendo. Anche il pranzare insieme ha un suo significato perché in sua assenza il pranzo stesso cambia: la cucina non è più la stessa.

Il bagno questa mattina era ancora vuoto e così ho iniziato a fare un po’ di ordine svuotando un bicchiere che era rimasto con una vecchia spazzola di spazzolino e degli scovolini probabilmente usati. Ho lavato il bicchiere e ho portato alcune mie cose sul mobiletto. Ora forse il bagno sembra essere un po’ meno vuoto però non è più come prima: si sente che qualcosa è cambiato.

Da qui in avanti ci sarà una storia nuova, il problema è forse che per adesso vedo una perdita e non un aggiunta; dovrò capire come volgere al meglio questa nuova situazione 🙂